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Some poems in Italian

Some poems in Italian

 

 

 

GOMBOJAV  MEND-OOYO

 

Alcune poesie

tradotte in italiano da Damiano Abeni e Moira Egan

 

 

 

 

 

 

 

 

RONDINI E PARADISO      [Swallows and Paradise]

 

 

Forse il miraggio sulla steppa buia è una città celeste.

I miei antenati vivono in eterno in questo Paradiso.

Una schiera di poche rondini sulla steppa

mi dà il benvenuto nella terra di mio padre.

Una densa bruma azzurra si stende sull’orizzonte

e le rondini la fendono, aprono la strada.

 

                                                            2004

 

 

 

 

 

 

ALBA DI LUNA SULL’ANTICO TEMPIO 

[The Moon Rises Over an Old Temple /

La lune au-dessus d’un ancien temple]

 

 

La luna sorge sul tempio antico, indora

di fievoli raggi il fastigio del Buddha brillante.

Dal flauto di bambù viene il lamento d’una melodia:

nostalgia persistente d’un cuore malinconico.

 

Erbe spuntano dalle crepe tra le pietre della scalinata,

lungo il percorso che porta al Buddha illuminato d’oro.

L’immagine del Buddha si fa sempre più limpida.

Difficile vedere il Buddha vivente alla luce delle stelle.

 

La luna sorge sul tempio antico, illumina

di fievoli raggi l’apatia della mente.

Oltre la tristezza del flauto di bambù c’è conforto,

che da lontano richiama la luce del Buddha.

 

Come un’antica scrittura, assorbite nell’inchiostro,

nel cielo nuovo, le ombre del tempio perdono significato.

Nella mestizia delle ombre del mondo

c’è di sicuro una luce, una candela della mente.

 

Negli spazi tra il pulviscolo in sospeso il un vaso

si formano le immagini luminose del Buddha.

Nella melodia del flauto di bambù esiste un Paradiso,

quando la luna sorge sul tempio antico.

 

                                                            2005

 

 

 

 

 

 

CANZONE

 

 

La canzone sulle tue labbra

copre le colline.

La canzone sulle tue labbra

abbraccia il mondo.

 

 

 

 

LE RELAZIONI                    [The Connections]

 

 

Oggi io sono mille indovinelli, diecimila relazioni.

Come un iceberg, in massima parte chiuso sott’acqua,

così i miei pensieri sono chiusi nel fondo del mio cuore,

nascosti dallo spirito del mio paese che ispira la mia mente.

 

Io esisto nella bellezza della natura.

Le sue inesauribili melodie possono aprirmi,

le stelle remote e i pianeti possono aprirmi,

il futuro e lo scorrere del tempo possono aprirmi.

 

I molteplici colori e i granelli di sabbia possono aprirmi,

l’affinità con la luna e le stelle può aprirmi,

il canto e la musica dei miei amici può aprirmi,

la luce del sole e le macchie del sole possono aprirmi.

 

L’occhio attento di chi mi sta vicino può aprirmi,

il mio desiderio segreto per loro può aprirmi,

parole amare di gelosia e invidia possono aprirmi,

i forti venti dell’odio possono aprirmi.

 

Con la sua poesia il grande Natsagdorj mi apre,

con le loro sagge parole gli anziani e gli studiosi mi aprono,

i miei figli, sangue del mio sangue, mi aprono,

l’inesplicabile, l’invisibile, l’ignoto mi aprono.

 

Tutta la storia mi ha creato e mi apre.

La mia vita e la mia lotta mi identificano e mi aprono,

la mia voce e la mia poesia possono aprirmi,

toccare i cuori dei miei compatrioti può aprirmi.

 

L’estremo punto del significato della mia vita mi aprirà,

chi mi rispetta in quel giorno mi aprirà,

i fiori che mi cresceranno attorno mi apriranno,

il ricordo del tempo perduto mi aprirà.

 

Anche se il mondo è chiuso dentro di me,

e i miei pensieri chiusi nel mio cuore,

tutto, ogni momento, mi apre:

l’universo apre se stesso attraverso me.

 

 

 

 

FULGORE SENZA TEMPO             [Timeless Brilliance]

 

 

Risplenderò quando il ciarliero cucciolo di cammello bianco muggisce.

Brillerò quando la luna passeggera spunta tra le nuvole.

M’infiammerò nel vento rosato d’un autunno che nasce tardivo.

Traboccherò ascoltando i versi melliflui del mio Maestro Yavuukhulan.

 

Brucerò ascoltando la musica dolce di zither e violino.

Sorgerò con il sole del mattino dall’azzurro della steppa di anemoni.

Galopperò come una bandiera al vento, brandendo la frusta di cotoneaster.

Risplenderò sulle cime nevose con le caprette di montagna.

 

Userò il legno di ramno e di sandalo per produrre suoni melodiosi.

Chiarirò in meditazione la differenza tra calicò e broccato.

Farò in modo che le stelle risplendano nel dolce cielo notturno.

Salirò, passo dopo passo, e prenderò fuoco al mio zenith.

 

Suonerò musica sulle corde dello zither del Santo Yanjinglhama.

Brillerò, in eterno, nel Tempio di Cristallo della Poesia.

 

 

 

 

 

MELODIA DELLA PIETRA [Melody of the Stone]

 

 

1.      Melodia prima

 

Le dune, come urne votive brunite dal sole,

si bagnano i piedi nei mulinelli di un ruscello.

Sul fondo del ruscello noi bambini vedemmo pietre simili a Yembuu*

sulla sabbia fine, come fossero lì per stare in compagnia del ruscello.

 

Forse, poiché le pietre erano rare nelle sabbie immacolate,

ci venne voglia di giocare con le pietre del ruscello

e le portammo a casa per farci cavalli e altri animali.

Alla fine del giorno la frusta di cuoio del padre s’abbatté come il tuono su noi.

 

“Avete rubato le pietre al ruscello?

Chiedete perdono al cielo, a Dio, e pentitevi!

Appoggiate l’orecchio a terra e ascoltate il ruscello!

Evocatelo e implorate che la sua gorgogliante melodia ritorni”.

 

In verità, il ruscello ieri vivace oggi era muto.

Il suo canto s’era rifugiato nell’immensa lontananza.

Con la testa stretta tra le ginocchia

ho cominciato a capire la legge del mondo.

 

Un giorno di grande afa riportammo i cavalli di pietra

e gli altri animali sul fondo del ruscello.

Avendo posto riparo ai miei errori sentii la melodia

dell’acqua che gorgogliava scorrendo sopra le pietre preziose.

 

 

2.      Melodia seconda

 

Poiché da quando sono bambino credo che le pietre cantino,

e per il desiderio di sentire ancora il loro canto magico,

nella speranza di udire la melodia venuta da lontano, dal fondo delle epoche,

ho camminato per un giorno intero sul letto sassoso dell’antico fiume.

 

Quando il bastone di ferro toccava le pietre si risvegliava il canto,

ogni pietra risonava, rintoccava diversa dalle altre.

Quando sentite la melodia di un ruscello da tanto tempo inaridito

vi sommergono pensieri innumerevoli, comprendete Madre Terra.

 

Molti anni sono trascorsi da quando le pietre hanno smesso di cantare,

ma ho visto che non hanno dimenticato nulla del canto eterno, o Madre Terra!

Quando le pietre tagliate intoneranno di nuovo il loro canto,

i cuori ne saranno ancora profondamente toccati, o Madre Terra.

 

Nato inseparabile dal tuo canto e dalla tua musica,

nei meandri degli anni infiniti, sono orgoglioso

che perfino le tue pietre siano strumenti musicali.

E il mio amore per te non fa che crescere, o Madre Terra!

 

*Yembuu: lingotto d’argento a forma di V, utilizzato come moneta nell’antichità

 

IN UN REAME LUMINOSO            [In a Shining Realm]

 

 

Le stelle brillanti del cielo azzurro hanno segnali per capirsi tra loro;

ogni uomo ha una ragione per essere nato

perché l’uomo è come un seme della terra.

Ogni seme ha una ragione per crescere.

 

Ogni seme ha in sé occhi eterni e dorati.

Io ho un posto mio in quegli occhi lucenti.

Mi guidano verso le mie radici.

Portano i campi, le montagne e le acque.

 

Portano piante, fiori e frutti deliziosi.

Dentro a ogni radice, a ogni frutto,

c’è una ragione per crescere. Le leggende contengono il messaggio,

la memoria, l’insegnamento di quegli occhi dorati.

 

Io ho un  posto mio in quel reame dorato,

esisto per sempre nel saggio mandala del tempo.

 

                                                Ottobre 2009

                                                Ulan Bator

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

COME VA IL MONDO                    [The Way of the World]

 

 

Partiamo sui nostri cavalli, e le allodole dell’alba sono con noi.

Torniamo a legare gli stalloni a sera con le gazze spavalde.

Da cento e cent’anni conciamo le pelli, tagliamo tronchi, forgiamo spade.

La candela si spegne e riaccende e la generazione che segue ripete la storia.

 

Il fiume scorre torbido, poi limpido di nuovo.

Il falò si spegne e poi si riaccende lungo la riva dei fiumi,

le pietre della terra si consumano all’andare e venire di ciascun anno,

e le cose umane si spengono, polvere di giorni normali.

 

Partiamo sui nostri cavalli nel trionfo del mattino.

Torniamo a legare gli stalloni nella spossatezza della sera.

Da millenni affiliamo spade, scaviamo tombe, accendiamo candele ai morti.

E l’indomani, come sempre, montiamo a cavallo, riprendiamo il galoppo.

 

Alcuni di noi costruiranno città. Altri, colmi d’odio, le bruceranno.

Nomineranno generali per combattersi l’un l’altro. Solo leggende resteranno.

Così va il mondo, come si forgia una spada,

ma tutto si dimentica davanti a una cena semplice.

 

                                    18 novembre 2008

                                    Prima Luna Nuova di primavera dell’Anno del Topo

 

 

 

 

 

 

 

 

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